venerdì 27 aprile 2012

fratelli temporale


fratelli temporale
Sono all’aeroporto di Bruxelles, cuore d’Europa. Vorrei essere un fumatore ed avere uno stralcio di scusa per stare fuori un minuto di più a guardare il cielo che cambia, perchè è lì che sarò tra poco. Il cielo sembra dire qualcosa. Il cielo, solo poi mi rendo conto, dice sempre qualcosa. Infatti il cielo tocca tutti, e non tutti nello stesso modo. E’ perciò che il cielo dice sempre qualcosa; perchè si impone sopra tutti con la maestosità di ciò che non ha timore di ricevere un contraccolpo. Il cielo parla sempre perchè può dire molte cose, anche quando ne dice una sola.
C’è un temporale che si prepara. Lo sento. Non sono un esperto in materia, ma ho esperienza sufficiente per capire: si sta preparando da giorni, e prima che arrivi l’estate il cielo non permetterà che non avvenga un temporale. 
Domani sarò a casa di nuovo, nella mia Italia, che ho abbandonato per tanti anni, ormai. Mi aspetto che qualcosa della mia vita interiore cambi. Ho delle aspettative dalla vita. Non voglio stare dove sto, voglio qualcosa di diverso da ciò che ho. Voglio cambiare. Quindi torno a casa. Non giudicate la mia scelta. C’è chi se ne va lontano per cambiare; il più delle persone. C’è invece chi come me viene investito dalla necessità di rimodellare la propria aspettativa del futuro quando è già lontano. Io sono uno di quelli che era lontano quando la vita gli ha imposto una scelta. O continuo ad allontanarmi, o inizio ad avvicinarmi. Io guardo il cielo e non sembra facile volare verso casa mia. Ci sarà un temporale. 
Entro nell’edificio. Sono una macchina oramai in questo: check-in. Aspetto in coda al metal detector e mostro la carta di imbarco. Raggiungo l’area finale dell’aeroporto dove si accede ai gate; mi soffermo davanti ad uno schermo che mi dice: Bruxelles-Bologna, 10:55, gate 63. Mi avvio verso il mio aereo, poi mi sistemo su una sedia e attendo. Non posso pensare ad altro che al temporale fuori. Non è la paura dell’aereo che mi fa questo effetto. Deve essere perchè sono stato abituato sin da giovane a viaggiare da solo in aereo. Ricordo che il primo aereo che ho preso, l’ho preso da solo. Avevo dodici anni, credo. A quell’età si può viaggiare da soli se sotto la custodia di un’assistente di volo che si prenda cura di te. Così fu. Trovai, o meglio fui pescato dalla mia assistente personale, la quale aveva solo me a cui badare. Mi fece aspettare così come aspetto ora a Bruxelles. Al tempo ero a Venezia ed andavo in Calabria, da amici di famiglia, per l’intera estate. Mi mise poi sull’autobus che ci accompagnò al velivolo, e lì mi fece sedere al mio posto riservato. Al’arrivo si preoccupò di aiutarmi a ricevere il mio bagaglio dal nastro. Oggi per me viaggiare è diventato normale perchè è diventato necessario. E’ un mezzo per tirare avanti la vita che ho, non è più un fine. 
In qualche modo, tuttavia anche oggi qualcosa di speciale sta per accadere fuori e dentro di me. Oggi tutto è diverso. Non posso smettere di pensare al cielo ed al temporale che va raggruppando le proprie forze. Siamo tutti fratelli quando c’è un temporale, perchè tutti abbiamo la stessa paura della sua vastità. Nella Bibbia sta scritto ‘roccia o granello di sabbia, si affonda nello stesso modo nel mare’. In testa continuo a ripetermi: il cielo non permetterà che il temporale non avvenga. 
Dentro di me sento questa calamità naturale che tocca il mio spirito e mi fa ragionare: avremo tutti paura nello stesso modo. Nessuno può fermare questo processo: il temporale sta già avvenendo, lo sento, nonostante io non lo possa vedere, trovandomi dietro al nastro del blocco di accesso all’aereo. Allora mi si fa chiara una idea; come una scintilla nel buio della confusione: non è permesso al tempo di cambiare senza un temporale. 

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